Villa Ada è un grande parco urbano, un luogo di elevata complessità se si considerano la sua storia, gli ambienti naturali che vi convivono ed il valore sociale che oggi svolge nei confronti della città.

E’ il risultato di una serie di stratificazioni, aggregazioni e di interventi sia paesaggistici che sui manufatti architettonici iniziati nella seconda metà del Settecento e tuttora in corso.

Con i suoi quasi 160 ettari di estensione, di cui almeno 80 costituiti da aree boscate, costituisce il principale polmone verde della parte nord della città ed è una delle maggiori Ville Storiche presenti sul territorio di Roma Capitale.

Oggi questo luogo è un grande contenitore di preziosi reperti storici, un grande parco adorno di edifici neoclassici ed eclettici quali il Tempio di Flora, la Villa Polissena, le Scuderie Reali, la Casa dei giochi, la Torre Gotica e caratterizzato da boschi di lecci, querce da sughero, pinete e prati, secondo la tradizionale configurazione paesaggistica del giardino all’inglese.

Entro i suoi confini troviamo aree giochi per i bambini, un centro ippico, un asilo ed è sede dell’Ambasciata d’Egitto.

A partire da una approfondita analisi paesaggistica, archeologica e storica sono state individuate le criticità e le emergenze, che il progetto promette di risolvere guardando al futuro in maniera lungimirante mediante un programma di interventi strutturato su 10 anni e volto a preservare il grande Patrimonio paesaggistico del Parco.

Alcuni degli obiettivi attesi dal progetto sono: il miglioramento della struttura e composizione specifica del soprassuolo forestale mediante interventi di miglioramento boschivo, monitoraggio e gestione delle alberature isolate esterne all’area boschiva con particolare riguardo a quelle di pregio paesaggistico; valorizzazione ed all’incremento della biodiversità, ripristino e potenziamento dei percorsi pedonali e carrabili a servizio dei fruitori del Parco, finalizzati alla creazione di percorsi ricreativi e didattici ed alla maggiore diversificazione della fruizione del Parco, ed infine alla valorizzazione delle potenzialità del Parco mediante la riqualificazione del sistema del viale principale con il suo canale e la riscoperta del lago perduto rievocandone la memoria con il “lago dei fiori blu”.

La città e i suoi rumori scompaiono e ci si ritrova tra pini centenari, boschetti di allori, stradine fangose che si snodano tra cespugli di more impenetrabili e tronchi abbattuti, campi di ortica e grandi prati ricoperti di erbacce. Tra le frasche si intravedono vecchie costruzioni abbandonate ricoperte di edera, fontane smantellate dai fichi selvatici e bunker che chissà a cosa servivano. Se non la si conosce bene è meglio non avventurarsi da solo nel bosco, c’è il rischio di smarrirsi per gironi.

Nicolò Ammaniti, Che la festa cominci, Einaudi 2010